E poi ci sono io: Berlino de La Casa di Carta
- El Professor
- 22 mar 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 6 apr 2020
Non vi preoccupate, io e il professore abbiamo calcolato tutto! I nostri piani sono il frutto di anni e anni di lavoro e di studio. Perché ricordatevi, nulla va lasciato al caso o sarete fottuti per sempre.
La malattia che aveva costretto mio fratello, il Professore, in ospedale per la maggior parte della sua infanzia e adolescenza gli aveva permesso di passare molto tempo ad ascoltare le storie che gli raccontava suo padre. Sebbene all’inizio gli sembrassero inventate, ben presto si è reso conto di quanto fossero vere. Storie di rapine eseguite proprio dall’uomo che chiamava papà (ma non era anche il mio di padre). La più strabiliante che gli rimase in mente fu proprio l’ultima, una rapina che sarebbe stata effettuata senza rubare soldi a nessuno.

La frase più celebre?
Tutti dobbiamo morire. È a questo che brindo: al fatto che siamo vivi. E al fatto che il piano funziona che è una meraviglia. Alla vita! -Berlino.
ECCO COSA SI DICE IN GIRO DI ME:

Si è visto poche volte un personaggio in grado di affrontare ogni delusione di questa vita infame con tanto aplomb. Berlino, o meglio Andrès, ha una malattia terminale e, quando i suoi compagni lo scoprono, lui non si scompone. “Non siate tristi per me” e poi tira fuori bicchieri e un alcolico a caso per brindare alla vita. Per non parlare di quando Nairobi gli rivela cosa vuole fare Ariadna, ossia aspettare lui sia incapace di muoversi e di reagire per sputargli in faccia il suo disprezzo. Berlino la porta con sé al fronte della sua Rivoluzione e la ricicla come “tizia addetta a ricaricare la mitragliatrice con cui fare a pezzi le SWAT”. Poi le salva anche la vita da una granata chiudendola nella camera blindata.
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